La cosiddetta “mobilità sostenibile” oggi come non mai richiede la massima attenzione alla circolazione delle biciclette, definite tecnicamente “velocipedi” in un contesto urbano ormai caoticamente oppresso dal traffico di troppi veicoli a motore.
La circolazione dei velocipedi è regolata dall’art. 182 del D.Lgs. n. 285/1992 e successive modificazioni ed integrazioni (Codice della Strada) e dall’art. 377 del D.P.R n. 495/1992 (Regolamento di Attuazione del Codice della Strada).
In particolare i velocipedi sono obbligati ad utilizzare le piste ciclabili loro riservate, dove esistenti, ed evidenziate mediante l’apposizione della prescritta segnaletica verticale ed orizzontale (linee di margine gialle).
Inoltre i ciclisti devono condurre il veicolo a mano quando, per le condizioni della circolazione, siano di intralcio o di pericolo per i pedoni, in particolare quando si muovano su percorsi agli stessi riservati.
In tal caso, i ciclisti con veicolo a mano sono assimilati ai pedoni e devono usare la comune diligenza e la comune prudenza perché siano evitati pericoli per se e per gli altri.
Lo stesso comportamento è richiesto in particolare nel caso di utilizzo delle “strisce pedonali” nonché di attraversamento di carreggiate a traffico particolarmente intenso e, in generale, dove le circostanze lo richiedano, così come prescritto dal Codice della Strada.
Laddove termina la pista ciclabile è possibile trovare un attraversamento pedonale oppure un attraversamento ciclabile.
Il primo è contrassegnato da rettangoli di colore bianco (le ben note “strisce”: per quanto già detto il ciclista deve scendere dal velocipede e comportasi come un pedone.
Il secondo è invece individuato da piccoli quadrati bianchi e descrive l’ideale prosecuzione della pista ciclabile: il ciclista può rimanere in sella e gode del diritto di precedenza nei confronti degli altri veicoli, salvo diversa segnalazione.
Quest’ultima può essere costituita da un impianto semaforico appositamente dedicato, individuabile per la presenza del simbolo della bicicletta sulle lanterne.
In assenza di apposita segnalazione, ed in particolare quando le lanterne semaforiche siano quelle dedicate al traffico pedonale, i ciclisti devono seguire un comportamento identico a quello dei pedoni.
In particolare l’Art. 377 Regolamento di Attuazione del C.d.S. , comma 7, prescrive che “Ove le piste ciclabili si interrompano, immettendosi nelle carreggiate a traffico veloce o attraversino le carreggiate stesse, i ciclisti sono tenuti ad effettuare le manovre con la massima cautela evitando improvvisi cambiamenti di direzione.”
Una particolarità è costituita dai percorsi promiscui tra pedoni e ciclisti: la cosiddetta pista ciclo-pedonale, che pone ulteriori problematiche, atteso che il conflitto tra pedoni e biciclette è spesso maggiore di quello con le automobili.
Una circostanza che deriva sia alle differenze cinematiche che all’imprevedibilità ed irregolarità delle traiettorie dei pedoni, statisticamente abituati a non prestare attenzione al traffico su percorsi protetti e dunque facilmente non predisposti a prevedere la presenza del ciclista.
Anche senza raggiungere situazioni di pericolo, questa acclarata tendenza porta come minimo all’ostacolo e quindi al rallentamento del traffico ciclabile, in particolare per l’attitudine dei gruppi di pedoni ad occupare l’intera larghezza disponibile.
Queste problematiche sono ben note ai progettisti, onde il percorso ciclo-pedonale è da evitare in tutti i casi ove sia possibile.
In ogni caso, il ciclista deve anche in questo caso marciare con cautela cercando di evitare in ogni caso il conflitto con i pedoni, anche laddove gli sia impedito il transito, mantenendo una velocità ed una traiettoria adeguata ad arrestare tempestivamente il velocipede di fronte ad ogni situazione di pericolo prevedibile.