Motociclista morto, periti contro

Ieri in aula le deposizioni degli esperti indicati dalla difesa e dall’accusa

VILLAMAR – Un incrocio poco sicuro, completamente al buio, dunque in condizioni di visibilità non ottimali; troppo alta la velocità della moto (98 chilometri all’ora), troppo bassa quella della macchina (25), una manovra di svolta fatta con tranquillità. Quattro fattori che potrebbero spiegare le ragioni dell’incidente mortale di Villamar in cui perse la vita Josè Peddio, 25 anni desulese.
In estrema sintesi sono questi gli elementi delle perizie che hanno raccolto l’ingegnere Stefano Ferrigno (per la famiglia di Peddio che si è costituita parte civile), e il collega Paolo Marcialis per Antonio Melis, 42 anni, accusato di omicidio colposo. I due periti sono stati a confronto ieri mattina, nel Tribunale di Sanluri, davanti al giudice monocratico Stefania Selis e al pm Maria Grazia Genoese. Una lunga udienza, di oltre un’ora, per illustrare la dinamica dell’incidente. Di fatto l’accertamento della difesa dell’imputato si discosta da quello dell’accusa sulla velocità e sulla visibilità da parte della Honda 900 CB, guidata dalla povera vittima: per il primo la potente moto non avrebbe visto l’Opel Astra, guidata da Melis, mentre effettuava una manovra in un incrocio, intralciando la carreggiata; per il secondo c’era tutta la distanza per notare la macchina e quindi frenare. Ad impedirlo sarebbe stata la velocità di 98 chilometri orari, in un tratto dove c’è il limite di 50. Spetta ora al giudice appurare come siano andati i fatti la sera dello scontro.

Erano le 20.40 del primo settembre 2006, quando Peddio, sulla sua Honda 900 CB, stava viaggiando lungo la statale 197, appena fuori dal centro abitato di Villamar. Davanti a lui, nello svincolo per Guasila e Segariu, l’Opel Astra invadeva la strada per svoltare. L’urto è stato inevitabile: la moto si è letteralmente conficcata nell’abitacolo dell’auto e ha preso fuoco, e il giovane ha fatto un volo di 58 metri dall’impatto. Morto sul colpo. Illesi, invece, l’autista dell’auto, infermiere in un ospedale di Cagliari, e la figlioletta di nove anni che stava al suo fianco. Inizia così un processo lungo 7 anni, con diverse udienze e tanti testimoni. Finalmente la data del verdetto finale: il prossimo 25 settembre, quando in aula sarà sentito anche l’imputato. (s.r.)

[UNIONE SARDA del 21.03.2013]